MULTILATERALISMO, OCCIDENTE COLLETTIVO

LAVROV AL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU (Discorso integrale in italiano)

Il Ministro degli Esteri della Federazione Russa Sergey Lavrov ha presieduto la riunione del Consiglio di Sicurezza ONU, introducendo i lavori del dialogo sul “Multilateralismo efficace tramite la difesa dei principi della Carta delle Nazioni Unite”.

<< Nei suoi poco meno 80 anni di esistenza, l’ONU ha svolto l’importante missione affidatale dai suoi fondatori. Per diversi decenni, un’intesa di base tra i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla supremazia degli obiettivi e dei principi della Carta ha garantito la sicurezza globale. In questo modo, l’ONU ha creato le condizioni per una cooperazione realmente multilaterale, regolata dagli standard universalmente riconosciuti del diritto internazionale.

Oggi il sistema ONU-centrico sta attraversando una profonda crisi. La ragione principale risiede nel tentativo di alcuni membri di sostituire il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite con un certo ordine “basato sulle regole”. Nessuno ha visto queste regole. Non sono state discusse in colloqui internazionali trasparenti. Vengono inventate e utilizzate per contrastare il naturale processo di formazione di nuovi centri di sviluppo indipendenti che incarnano oggettivamente il multilateralismo. Si cerca di frenare i nuovi centri di sviluppo con misure unilaterali illegali, negando loro l’accesso alle moderne tecnologie e ai servizi finanziari, escludendoli dalle catene di approvvigionamento, sequestrando le loro proprietà, distruggendo le loro infrastrutture critiche e manipolando norme e procedure universalmente accettate. Questo porta alla frammentazione del commercio globale, al collasso dei meccanismi di mercato, alla paralisi dell’OMC e alla definitiva conversione – ormai aperta – del FMI in uno strumento per raggiungere gli obiettivi degli Stati Uniti e dei loro alleati, compresi quelli militari.

Nel disperato tentativo di affermare il proprio dominio punendo i disobbedienti, gli Stati Uniti sono arrivati a distruggere la globalizzazione, che hanno presentato per molti anni come un grande beneficio per l’umanità al servizio del sistema multilaterale dell’economia globale. Washington e il resto dell’Occidente che gli obbedisce usano queste regole per giustificare misure illegittime contro i Paesi che costruiscono le loro politiche in conformità con il diritto internazionale e si rifiutano di seguire gli interessi egoistici del “miliardo d’oro”. Chi non è d’accordo viene messo nella lista nera in base al principio che “chi non è con noi è contro di noi”.

I nostri colleghi occidentali sono stati a lungo messi in difficoltà dallo svolgimento di colloqui basati su formati universali, come quello delle Nazioni Unite. Per dare un fondamento ideologico al corso per minare il multilateralismo, hanno dato vita al concetto di “democrazie” unite in contrapposizione alle “autocrazie”. Oltre ai “vertici per la democrazia”, la cui lista dei partecipanti è determinata da questo club autoproclamatosi egemone, si stanno creando altri “club d’élite” per aggirare le Nazioni Unite.

I Vertici per la democrazia, l’Alleanza per il multilateralismo, il Partenariato globale sull’IA, la Coalizione per la libertà dei media, l’Appello di Parigi per la fiducia e la sicurezza nel cyberspazio – tutti questi e altri progetti non inclusivi sono stati concepiti per ostacolare i colloqui sulle questioni corrispondenti sotto l’egida dell’ONU e per imporre concetti e soluzioni non consensuali a vantaggio dell’Occidente. Prima si accordano su qualcosa in privato, come un piccolo gruppo, e poi presentano quanto concordato come “posizione della comunità internazionale”. Diciamo le cose come stanno: nessuno ha autorizzato la minoranza occidentale a parlare a nome di tutta l’umanità. Per favore, agite con decenza e rispettate tutti i membri della comunità internazionale. Imponendo un ordine basato su regole, gli ambienti che lo sostengono rifiutano con arroganza il principio chiave della Carta delle Nazioni Unite, che è l’uguaglianza sovrana degli Stati.

L’affermazione “orgogliosa” del capo della diplomazia dell’UE Josep Borrell, secondo cui l’Europa è un “giardino” e il resto del mondo è una “giungla”, la dice lunga sulla loro concezione di eccezionalità. Vorrei anche citare la Dichiarazione congiunta sulla cooperazione UE-NATO del 10 gennaio, che recita come segue: L’Occidente unito “mobiliterà ulteriormente l’insieme degli strumenti a nostra disposizione, siano essi politici, economici o militari, per perseguire i nostri obiettivi comuni a beneficio del nostro miliardo di cittadini”.
L’Occidente collettivo si è proposto di rimodellare i processi del multilateralismo a livello regionale per adattarli alle proprie esigenze. Di recente, gli Stati Uniti hanno chiesto di rivedere la Dottrina Monroe e di ridurre i legami dei Paesi latinoamericani con la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese. Tuttavia, questa politica ha incontrato l’ostacolo dei Paesi latinoamericani che hanno deciso di rafforzare le proprie strutture multilaterali, in primo luogo la Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi (Celac), sostenendo il loro legittimo diritto di affermarsi come pilastro del mondo multipolare. La Russia sostiene pienamente le giuste aspirazioni di questo tipo.
Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno dispiegato forze significative per minare il multilateralismo nella regione dell’Asia-Pacifico, dove da decenni sta prendendo forma un sistema di cooperazione economica e di sicurezza aperto e di successo incentrato sull’ASEAN. Questo sistema li ha aiutati a sviluppare approcci consensuali adatti ai 10 membri dell’ASEAN e ai loro partner di dialogo, tra cui Russia, Cina, Stati Uniti, India, Giappone, Australia e Repubblica di Corea, garantendo così un vero multilateralismo inclusivo. Washington ha poi avanzato la sua Strategia Indo-Pacifica nel tentativo di rompere questa architettura consolidata.

Al vertice dello scorso anno a Madrid, i Paesi della NATO hanno parlato della loro responsabilità globale e della loro sicurezza indivisibile nella regione euro-atlantica e nella cosiddetta regione indo-pacifica, anche se hanno sempre cercato di convincere tutti che aspiravano alla pace e che i loro programmi militari erano puramente difensivi. Ciò significa che i confini della NATO come organizzazione difensiva si stanno spostando verso le regioni costiere occidentali del Pacifico. Questa politica orientata ai blocchi, che sta erodendo il multilateralismo incentrato sull’ASEAN, si manifesta con la creazione dell’organizzazione militare AUKUS, nella quale sono stati coinvolti Tokyo, Seul e diversi Paesi dell’ASEAN. Gli Stati Uniti stanno guidando gli sforzi per sviluppare meccanismi di interferenza nella sicurezza marittima, al fine di proteggere gli interessi unilaterali dell’Occidente nella regione del Mar Cinese Meridionale. Josep Borrell, di cui ho parlato prima, ha promesso ieri di inviare forze navali dell’UE in questa regione. Nessuno nasconde che questa strategia indo-pacifica mira a contenere la Cina e a isolare la Russia. È così che i nostri colleghi occidentali interpretano il concetto di multilateralismo effettivo nella regione Asia-Pacifico.
Non appena l’Organizzazione del Trattato di Varsavia è stata sciolta e l’Unione Sovietica è scomparsa dall’arena politica, molti hanno nutrito la speranza che il principio di un vero multilateralismo senza linee di demarcazione nell’area euro-atlantica potesse prendere vita. Tuttavia, invece di sfruttare il potenziale dell’OSCE su base paritaria e collettiva, i Paesi occidentali non solo hanno mantenuto la NATO ma, nonostante le loro ferme promesse in senso contrario, hanno perseguito una sfacciata politica controllo delle aree limitrofe, comprese quelle che sono e sono sempre state di interesse vitale per la Russia. Come disse l’allora Segretario di Stato americano James Baker parlando al Presidente George W. Bush, l’OSCE è la principale minaccia alla NATO. A nome nostro, vorrei aggiungere che oggi sia le Nazioni Unite che le disposizioni della Carta delle Nazioni Unite rappresentano una minaccia per le ambizioni globali di Washington.

La Russia ha pazientemente cercato di raggiungere accordi multilaterali reciprocamente vantaggiosi, basandosi sul principio della sicurezza indivisibile, solennemente dichiarato ai massimi livelli nei documenti dei vertici OSCE del 1999 e del 2010. Esso afferma senza ambiguità, nero su bianco, che nessuno deve rafforzare la propria sicurezza a scapito di quella degli altri e che a nessuno Stato, gruppo di Stati o organizzazione può essere assegnata la responsabilità primaria del mantenimento della pace nella regione dell’organizzazione o considerare qualsiasi parte della regione OSCE come propria sfera di influenza.

La NATO non si preoccupò minimamente degli obblighi dei presidenti e dei primi ministri dei Paesi membri e iniziò a fare esattamente il contrario, avendo dichiarato il proprio “diritto” ad azioni arbitrarie di qualsiasi tipo. Il bombardamento illegale della Jugoslavia nel 1999, che prevedeva l’uso di testate all’uranio impoverito e che in seguito ha portato a un aumento dei casi di cancro tra i cittadini serbi e i membri dell’esercito della NATO, è un altro caso lampante. Joseph Biden era allora senatore e ha dichiarato davanti alle telecamere, non senza orgoglio, di aver personalmente chiesto di bombardare Belgrado e di distruggere i ponti sul fiume Drina. Ora, l’ambasciatore statunitense in Serbia Christopher Hill usa i media per invitare i serbi a voltare pagina e a “mettere da parte le loro rimostranze”. Gli Stati Uniti hanno un’ampia esperienza nel “mettere da parte le rimostranze”. Il Giappone ha a lungo taciuto su chi ha bombardato Hiroshima e Nagasaki. I libri di testo scolastici non ne parlano. Recentemente, in occasione di una riunione del G-7, il Segretario di Stato americano Antony Blinken si è addolorato per le sofferenze delle vittime di quei bombardamenti, ma non ha menzionato chi ne è stato l’artefice. Queste sono le “regole” e nessuno osa dissentire.
Dalla Seconda Guerra Mondiale, Washington ha portato a termine decine di operazioni militari criminali e sconsiderate senza nemmeno cercare di ottenere una legittimazione multilaterale. Perché preoccuparsi, con la loro serie di “regole” arbitrarie?

La vergognosa invasione dell’Iraq da parte della coalizione guidata dagli Stati Uniti nel 2003 è stata condotta in violazione della Carta delle Nazioni Unite, proprio come l’aggressione alla Libia nel 2011. Entrambe hanno portato alla distruzione di uno Stato, alla perdita di centinaia di migliaia di vite e al dilagare del terrorismo.

Anche l’intervento degli Stati Uniti negli affari interni dei Paesi post-sovietici è stato una evidente violazione della Carta delle Nazioni Unite. In Georgia e in Kirghizistan sono state architettate “rivoluzioni colorate” e a Kiev, nel febbraio 2014, è stato organizzato un sanguinoso colpo di Stato. I tentativi di prendere il potere con la forza in Bielorussia nel 2020 fanno parte dello stesso approccio.

Gli anglosassoni che sono alla guida dell’Occidente non solo giustificano queste avventure senza legge, ma le sbandierano nella loro politica di “promozione della democrazia”, mentre lo fanno anche secondo le loro regole, laddove hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo senza un referendum, ma si sono rifiutati di riconoscere l’indipendenza della Crimea, anche se lì si è tenuto un referendum; secondo il ministro degli Esteri britannico James Cleverly, le Falkland/Malvinas non sono un problema, perché c’è stato un referendum. Divertente.

Per evitare due pesi e due misure, invitiamo tutti a seguire gli accordi raggiunti nell’ambito della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui principi del diritto internazionale del 1970, tuttora in vigore. Essa esprime chiaramente la necessità di rispettare la sovranità e l’integrità territoriale degli Stati che si comportano “in conformità con il principio dell’uguaglianza dei diritti e dell’autodeterminazione dei popoli come sopra descritto e quindi in possesso di un governo che rappresenta l’intero popolo appartenente al territorio”. Qualsiasi osservatore imparziale può vedere chiaramente che il regime nazista di Kiev non può in alcun modo essere considerato un governo che rappresenta i residenti dei territori che si sono rifiutati di accettare i risultati del sanguinoso colpo di Stato del febbraio 2014 contro i quali i golpisti hanno scatenato una guerra. Così come Pristina non può pretendere di rappresentare gli interessi dei serbi del Kosovo ai quali l’UE ha promesso l’autonomia, anche Berlino e Parigi hanno promesso uno status speciale per il Donbass. Sappiamo bene come queste promesse si traducono alla fine.

Nel suo messaggio al secondo Vertice per la Democrazia del 29 marzo 2023, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha pronunciato alcune importanti parole: “La democrazia scaturisce dalla Carta delle Nazioni Unite. La sua invocazione iniziale “Noi popoli” riflette la fonte fondamentale dell’autorità legittima: il consenso dei governati”. Sottolineo ancora una volta la parola “consenso”.
Sono stati compiuti sforzi multilaterali per fermare la guerra scatenata nell’est dell’Ucraina a seguito di un colpo di Stato. Questi sforzi verso una soluzione pacifica si sono concretizzati in una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha approvato all’unanimità gli accordi di Minsk. Kiev e i suoi capi occidentali hanno calpestato questi accordi. Hanno persino ammesso cinicamente, con una punta di orgoglio, di non aver mai pianificato di rispettarli, ma di voler solo guadagnare tempo per riempire l’Ucraina di armi da usare contro la Russia. In questo modo hanno pubblicamente annunciato la violazione di un impegno multilaterale da parte dei membri delle Nazioni Unite che, come previsto dalla Carta delle Nazioni Unite, richiede a tutti i Paesi membri di rispettare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza.
I nostri sforzi costanti per evitare questo confronto, comprese le proposte avanzate dal Presidente russo Vladimir Putin nel dicembre 2021 per concordare garanzie multilaterali di sicurezza reciproca, sono stati arrogantemente respinti. Ci è stato detto che nessuno può impedire alla NATO di “abbracciare” l’Ucraina.
Negli anni successivi al colpo di Stato e nonostante le nostre forti richieste, nessuno tra i capi occidentali di Kiev si è lamentato con Pyotr Poroshenko, Vladimir Zelensky o la Verkhovna Rada ucraina quando la lingua russa, l’istruzione, i media e, in generale, le tradizioni culturali e religiose russe venivano costantemente distrutte per legge. Si trattava di una violazione diretta della Costituzione ucraina e delle convenzioni universali sui diritti delle minoranze etniche. Parallelamente, il regime di Kiev stava introducendo la teoria e la pratica del nazismo nella vita quotidiana e stava adottando le relative leggi. Il regime di Kiev inscenava spudoratamente enormi fiaccolate sotto gli stendardi delle divisioni SS nel centro della capitale e in altre città. L’Occidente ha taciuto e si è sfregato le mani. Ciò che stava accadendo rientrava pienamente nei piani degli Stati Uniti di utilizzare il regime apertamente razzista che Washington aveva creato nella speranza di indebolire la Russia su tutta la linea. Faceva parte di un percorso strategico statunitense volto ad eliminare i rivali e a minare qualsiasi scenario che implicasse l’affermazione di un multilateralismo equo negli affari globali.
Ora, tutti i Paesi lo capiscono, ma non tutti ne parlano apertamente: la questione non riguarda l’Ucraina, ma la futura struttura delle relazioni internazionali. Si baseranno su un consenso sostenibile basato sull’equilibrio degli interessi o si ridurranno alla promozione aggressiva ed esplosiva dell’egemonia? È sbagliato estrapolare la questione ucraina dal suo contesto geopolitico. Il multilateralismo implica il rispetto della Carta delle Nazioni Unite e di tutti i suoi principi interconnessi, come ho già detto. La Russia ha spiegato chiaramente gli obiettivi che sta perseguendo nel condurre la sua operazione militare speciale: eliminare la minaccia alla sua sicurezza che la NATO sta creando da anni direttamente ai suoi confini e proteggere le persone che sono state private dei diritti dichiarati nelle convenzioni multilaterali. La Russia voleva proteggerli dalle minacce pubbliche e dirette di Kiev di annientamento ed espulsione dai territori in cui i loro antenati avevano vissuto per secoli. Abbiamo onestamente spiegato per cosa e per chi stavamo combattendo.

Sono tentato di chiedere, per contrasto, sullo sfondo dell’isteria alimentata dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea: cosa hanno fatto Washington e la NATO in Jugoslavia, Iraq e Libia? C’erano minacce alla loro sicurezza, cultura, religione o lingua? A quali standard multilaterali si sono ispirati quando hanno dichiarato l’indipendenza del Kosovo in violazione dei principi dell’OCSE e quando hanno distrutto Iraq e Libia, stabili ed economicamente ricchi, a diecimila miglia di distanza dalle coste americane?
I tentativi spudorati dei Paesi occidentali di mettere sotto controllo i segretariati dell’ONU e di altre istituzioni internazionali sono arrivati a minacciare il sistema multilaterale. L’Occidente ha sempre goduto di un vantaggio quantitativo in termini di personale, ma fino a poco tempo fa il Segretariato dell’ONU cercava di rimanere neutrale. Oggi, questo squilibrio è diventato cronico, mentre i dipendenti del Segretariato si permettono sempre più spesso comportamenti politicamente motivati che non si addicono a funzionari internazionali. Chiediamo a Sua Eccellenza il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres di garantire che tutto il suo personale soddisfi i requisiti di imparzialità in conformità con l’articolo 100 della Carta delle Nazioni Unite. Chiediamo inoltre che gli alti funzionari del Segretariato siano guidati – nella preparazione dei documenti di iniziativa sui temi dell’agenda generale che sono stati menzionati in precedenza e sulla “Nuova agenda per la pace” – dalla necessità di sollecitare i Paesi membri a trovare modi per raggiungere il consenso e un equilibrio di interessi, invece di giocare con i concetti neoliberali. Altrimenti, invece di un’agenda multilaterale, assisteremo a un divario sempre più ampio tra i Parsi del “miliardo d’oro” e la maggioranza globale.
Quando parliamo di multilateralismo, non possiamo limitarci a un solo contesto internazionale: allo stesso modo, non possiamo ignorare questo contesto internazionale quando parliamo di democrazia.

Non dovrebbero esistere due pesi e due misure. Sia il multilateralismo che la democrazia dovrebbero essere rispettati all’interno dei Paesi membri e nelle loro relazioni reciproche. Tutti sanno che l’Occidente, mentre impone la sua concezione della democrazia agli altri Paesi, si oppone alla democratizzazione delle relazioni internazionali basata sul rispetto dell’uguaglianza sovrana dei Paesi. Oggi, insieme agli sforzi per promuovere le sue cosiddette regole nell’arena internazionale, l’Occidente sta anche sopprimendo il multilateralismo e la democrazia in patria, ricorrendo a strumenti sempre più repressivi per schiacciare il dissenso, più o meno come sta facendo il regime criminale di Kiev con il sostegno dei suoi maestri – gli Stati Uniti e i suoi alleati.
Colleghi, ancora una volta, come negli anni della Guerra Fredda, ci siamo avvicinati a una linea pericolosa, e forse anche più pericolosa di allora. La situazione è ulteriormente aggravata dalla perdita di fiducia nel multilateralismo, nel momento in cui l’aggressione finanziaria ed economica dell’Occidente sta distruggendo i benefici della globalizzazione e dove Washington e i suoi alleati stanno abbandonando la diplomazia per chiedere che le cose vengano risolte “sul campo di battaglia”. Tutto questo avviene all’interno delle mura dell’ONU, creata per prevenire gli orrori della guerra. Le voci delle forze responsabili e ragionevoli e gli appelli a dare prova di saggezza politica e a rilanciare la cultura del dialogo sono soffocati da coloro che mirano a minare i principi fondamentali della comunicazione tra Paesi. Dobbiamo tutti tornare alle origini e rispettare gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite in tutta la loro diversità e interconnessione.
Un autentico multilateralismo oggi richiede che l’ONU si adatti agli sviluppi oggettivi del processo di formazione di un’architettura multipolare delle relazioni internazionali.

È indispensabile accelerare la riforma del Consiglio di Sicurezza, ampliando la rappresentanza dei Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina. L’eccessiva rappresentanza dell’Occidente in questo principale organo delle Nazioni Unite mina il principio del multilateralismo.
Il Venezuela ha guidato la creazione del Gruppo di amici in difesa della Carta delle Nazioni Unite. Chiediamo a tutti i Paesi che rispettano la Carta di aderirvi. È inoltre importante sfruttare il potenziale costruttivo dei BRICS e della SCO. L’UEEA, la CSI e la CSTO sono disposte a contribuire. Siamo favorevoli a utilizzare le iniziative avanzate dalle associazioni regionali del Sud globale. Il G20 può essere utile per mantenere il multilateralismo se i suoi partecipanti occidentali smetteranno di distrarre i loro colleghi dai punti prioritari della sua agenda, nella speranza di sminuire la loro responsabilità per l’accumulo di crisi nell’economia globale.

La preoccupazione per questa situazione si avverte sempre più spesso nelle molteplici iniziative e proposte dei Paesi del Sud globale, dall’Asia orientale e sudorientale, al mondo arabo e in generale musulmano, fino all’Africa e all’America Latina. Apprezziamo il loro sincero desiderio di garantire la risoluzione delle questioni attuali attraverso un onesto lavoro collettivo volto a concordare un equilibrio di interessi basato sull’uguaglianza sovrana degli Stati e sulla sicurezza indivisibile.
Per concludere, vorrei far sapere ai giornalisti che stanno coprendo il nostro incontro che ai loro colleghi dei media russi non è stato permesso di venire qui. L’Ambasciata degli Stati Uniti a Mosca si è cinicamente detta pronta a consegnare loro i passaporti con i visti, ma solo quando il nostro aereo stava decollando. Ho quindi una grande richiesta da farvi. Per favore, sopperite all’assenza di giornalisti russi. Fate in modo che il pubblico mondiale possa utilizzare i vostri reportage per cogliere ogni aspetto dei commenti e delle valutazioni >>.